La “SUBLIME BELLEZZA” nell’installazione di Martina Rubera

Cosa stiamo guardando?
Una sacra tripartizione dell’immagine fotografica pensata “alla” Rubera:

  1. Il passato: un volto d’epoca che ci guarda dalle pareti. 
  2. Il presente: un corpo vegetale, vivente, arrampicante, incastonato tra i ruderi diroccati di una costruzione friabile, da prima fotografato nella sua interezza e presentato poi scomposto come predelle di una croce trecentesca. 
  3. Il futuro: una scatola di cartone con del terriccio, placenta di vita per la stessa immagine che ci guarda dalle parete ma che ora, stampata su carta “seminata”, è pronta a rigenerarsi nel suo lento divenire germoglio. 

L’artista conclude il proprio lavoro. Abbandona l’IO autoreferenziale includendoci in questa esperienza visiva come COMUNITÀ che condivide ed elabora gli stessi timori: la precarietà, il mistero, l’impercepibile, lo sconosciuto, il divino, lo sgomento della condizione umana. Il Sublime appunto. Sublime che diventa Bellezza nel sottrarci agli accidenti iperegoici della singolarità, al “killeraggio” fotografico, alla morte. 
Ecco la magia dell’apprendista stregone che ha superato l’esame di abilitazione con successo: la dissoluzione del tempo cronologico passato, presente, futuro a favore dell’Eternità dove la vita non è altro che prosecuzione della vita stessa. 
È semplice. 

Annamaria Prezzolata vedova Della Torre

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